Sorge alle spalle del Teatro Grande, con ingresso al recinto sacro da Via del Tempio di Iside.
Fu costruito tra la fine del II e i primi decenni del I secolo a.C. e ricostruito totalmente dopo il terremoto del 62 d.C. per iniziativa di un ex schiavo (liberto) ormai ricco. Questi, non potendo accedere al consiglio decurionale, fece eseguire i lavori a nome del figlio di soli 6 anni come spiega un’iscrizione sulla porta d’ingresso al tempio: «Numerius Popidius Celsinus, figlio di Numerius, ricostruì interamente, a sue spese, il tempio di Iside crollato per il terremoto. Per questa sua munificenza i decurioni, pur avendo egli solo sei anni, lo aggregarono al loro consesso senza alcun onere».
Il culto di Iside si diffuse in età ellenistica grazie ai contatti religiosi dei Greci con l’Oriente e l’Egitto, e trovò a Pompei, città con legami commerciali con l’oriente, un grande seguito. Il tempio sorge su un alto podio collocato al centro di un cortile porticato. La cella, più larga che lunga, raggiungibile con una scala laterale in muratura, era preceduta da un portico con quattro colonne in facciata e due nicchie per statue di divinità collegate al culto di Iside.
Alle spalle del tempio vi è un’ampia sala per le adunanze, utilizzata probabilmente per la preparazione ai riti. Qui, tra le colonne dell’ingresso, furono rinvenute una mano di marmo, una coppa d’oro, una statuetta, due candelieri in bronzo e due crani umani, certamente strumenti del culto.
Ai lati del salone vi sono altri due locali, sempre connessi alle esigenze del culto, in uno dei quali furono trovate quattro statue di legno con testa, mani e piedi di marmo. Dinanzi al tempio vi è, nell’angolo sinistro del porticato, il locale destinato a cerimonie di purificazione (purgatorium) nel cui interrato si conservavano contenitori con l’acqua del Nilo.
L’altare principale è tra il tempio e il purgatorium, mentre altri sono distribuiti soprattutto tra le colonne. Tutti i reperti recuperati nel tempio e le decorazioni staccate dai muri sono esposti al Museo Nazionale di Napoli.
Sorge alle spalle del Teatro Grande, con ingresso al recinto sacro da Via del Tempio di Iside.
Fu costruito tra la fine del II e i primi decenni del I secolo a.C. e ricostruito totalmente dopo il terremoto del 62 d.C. per iniziativa di un ex schiavo (liberto) ormai ricco. Questi, non potendo accedere al consiglio decurionale, fece eseguire i lavori a nome del figlio di soli 6 anni come spiega un’iscrizione sulla porta d’ingresso al tempio: «Numerius Popidius Celsinus, figlio di Numerius, ricostruì interamente, a sue spese, il tempio di Iside crollato per il terremoto. Per questa sua munificenza i decurioni, pur avendo egli solo sei anni, lo aggregarono al loro consesso senza alcun onere».
Il culto di Iside si diffuse in età ellenistica grazie ai contatti religiosi dei Greci con l’Oriente e l’Egitto, e trovò a Pompei, città con legami commerciali con l’oriente, un grande seguito. Il tempio sorge su un alto podio collocato al centro di un cortile porticato. La cella, più larga che lunga, raggiungibile con una scala laterale in muratura, era preceduta da un portico con quattro colonne in facciata e due nicchie per statue di divinità collegate al culto di Iside.
Alle spalle del tempio vi è un’ampia sala per le adunanze, utilizzata probabilmente per la preparazione ai riti. Qui, tra le colonne dell’ingresso, furono rinvenute una mano di marmo, una coppa d’oro, una statuetta, due candelieri in bronzo e due crani umani, certamente strumenti del culto.
Ai lati del salone vi sono altri due locali, sempre connessi alle esigenze del culto, in uno dei quali furono trovate quattro statue di legno con testa, mani e piedi di marmo. Dinanzi al tempio vi è, nell’angolo sinistro del porticato, il locale destinato a cerimonie di purificazione (purgatorium) nel cui interrato si conservavano contenitori con l’acqua del Nilo.
L’altare principale è tra il tempio e il purgatorium, mentre altri sono distribuiti soprattutto tra le colonne. Tutti i reperti recuperati nel tempio e le decorazioni staccate dai muri sono esposti al Museo Nazionale di Napoli.